lunedì 24 gennaio 2011

Piuttosto che niente...

Il Ministro Sacconi, dall'alto della sua saggezza derivante dal fatto che lui e i suoi figli/nipoti/parenti non avranno mai problemi di lavoro, ci fa sapere che un giovane, per trovare un posto di lavoro, deve pigliare quello che capita.
L'affermazione é controversa: da un lato é verissimo che abbiamo migliaia di laureati in "Igiene e Benessere del cane e del gatto", che inevitabilmente andranno a riempire i call center; dall'altra, peró, abbiamo migliaia di laureati di facoltá serie, non importa se scientifiche o umanistiche, che si trovano a fare fotocopie o a friggere patatine.
La vita non é un film: alla fine del mese ci sono bollette da pagare, imprevisti a cui far fronte, problemi da affrontare. E quando a fine mese devi pagare l'affitto, al padrone di casa non interessa che stai inseguendo il tuo lavoro ideale, gli interessa che paghi ció che devi, o che lasci libero lo stabile. Ed ecco gli ingegneri che friggono patatine, gli avvocati che vendono abbonamenti ADSL, i chimici che fanno fotocopie e preparano il caffé.Il rischio peró é alto.
In un mercato del lavoro come quello italiano, basato sulle esperienze piú che sulle potenzialitá, la cosiddetta "maledizione del primo lavoro" é sempre in agguato. Prendiamo un ingegnere, che sogna di fare progettazione ma che, per pagare le bollette a fine mese, accetta una posizione nel controllo qualitá, che magari non gli piace ma che al momento é l'unico disponibile. Entro brevissimo tempo, tutte le porte della ricerca e sviluppo per lui si chiuderanno mentre, per assurdo, se ne apriranno altre nel campo del controllo qualitá, proprio quello dove lui ha esperienza.
Perfino i lavori "di ripiego" contengono un rischio piuttosto alto: passare il tempo lontani dal proprio ambiente lavorativo fa in modo che le persone perdano i contatti, gli aggiornamenti, il polso del mercato, specialmente in quelle aree dove l'aggiornamento tecnologico é continuo. Ed anche se si fanno tutti gli sforzi possibili per rimanere aggiornati, é difficile convincere un selezionatore delle risorse umane che, se anche sul tuo CV c'é scritto che hai lavorato 3 anni da McDonalds, poi la sera perdevi ore ed ore leggendo articoli e libri, spulciando forum e tentando di non perdere il contatto con il tuo mondo. Per lui, sei uno che ha perso tre anni.
Il dilemma quindi é grave: seguire il consiglio di Sacconi, buttandosi sul primo lavoro che capita, o cercare qualcosa che sia in linea con i nostri sogni e con le nostre aspettative, magari nel frattempo continuando a studiare?Personalmente, penso che la seconda ipotesi sia migliore, se é fattibile. Ovviamente serve alle spalle una famiglia disposta a finanziare, oppure una volontá davvero forte che ci fa studiare di giorno e friggere patate di sera. Altrimenti, purtroppo, non resta che pigliare al volo il primo lavoro che capita, anche se non ci piace, sperando di non rimanerne intrappolati: con i sogni non si pagano le bollette.Un discorso a parte meriterebbero degli esponenti di governo che pensano di combattere l'aumento indiscriminato dei prezzi dicendo alle casalinghe di comprare dove costa meno, o che sperano di migliorare le penose statistiche sull'occupazione giovanile dicendo "Va a laurá, barbún! Che se ciai voglia di lavorare c'é una pila di merda e una pala col tuo nome sopra". Ma questa é un'altra storia...

giovedì 13 gennaio 2011

AMO


  1. scoppiare a ridere, con quella risata grossa con le lacrime che ti toglie il respiro;
  2. leggere quei libri con storie che senti così tue da immaginare ogni minimo dettaglio tra le righe; sentire la musica al buio e dondolarmi tra i cuscini;
  3. dormire e svegliarmi bene la mattina;
  4. qualsiasi tipo di biscotto;
  5. la cioccolata bianca;
  6. le patatine fritte ma senza ketchup o maionese;
  7. la birra chiara ghiacciata;
  8. le passeggiate per il centro di roma la domenica mattina presto, quando tutti dormono ancora;
  9. perdermi x ore in una libreria dalla ricerca del libro del momento;
  10. andare al cinema e sedermi in penultima fila;
  11. lo yoga quando riesco a concentrarmi;
  12. il sorriso di un anziano quando ti racconta della sua giovinezza;
  13. gli abbracci e i baci quando meno te lo aspetti;
  14. i capelli biondi e lisci;
  15. gli anelli d'argento;
  16. i viaggi per le capitali del mondo.......

lunedì 10 gennaio 2011

La storia dei vinti

Mentre esaminavo con attenzione l'unica rivista disponibile, un foglio ad altissimo contenuto culturale chiamato "DiPiù", mi è caduto l'occhio su un articolo a proposito del re Carlo Alberto, ed in particolare su una delle frasi di apertura: "Il 17 Marzo 1861 (...) si concludeva il Risorgimento, il periodo della nostra Storia in cui fu compiuto ogni sforzo politico per liberare il Paese da austriaci, francesi e borboni che dominavano i nostri territori".Non mi aspetto sicuramente che chi legge "DiPiù" possa desiderare analisi storiche particolarmente accurate (l'articolo infatti si intitola "Carlo Alberto amava più le donne del suo regno"), però questa frase è un ottimo esempio di come la storia scritta dai vincitori diventi poi una specie di verità assoluta specialmente in chi non ha la possibilità di approfondire certe tematiche. Anche io, alle scuole elementari, ricordo perfettamente la retorica con cui veniva trattato il Risorgimento.
Oggi che, durante i miei studi successivi e soprattutto per piacere personale, ho approfondito di più lo studio della storia, posso fare alcune affermazioni che invito chiunque a poter confutare e che vanno in "leggera controtendenza" rispetto a quello che ci veniva normalmente insegnato.
1. I Borbone (e non "i borboni" in minuscolo, come vengono normalmente nominati con vago disprezzo) erano una casa regnante legittima proprio come i Savoia. Non "occupavano il nostro Paese", perchè erano loro stessi italiani.

2. Le "guerre di liberazione" di metà Ottocento, comunemente note come Risorgimento, sono in realtà una guerra di espansione effettuata dalla casa di Savoia, con l'aiuto della Francia alla quale (ricordiamolo) sono stati ceduti vasti territori che "avrebbero potuto" essere italiani, come la Savoia stessa, ai danni di altri governanti legittimi. Succede, fa parte del gioco, ma non bisogna chiamare "liberazione" una guerra di espansione: non più di vent'anni fa, anche Saddam diceva che voleva liberare il Kuwait.

3. Se i Borbone, partendo dal Sud, avessero unificato la penisola fino alle Alpi, avrebbero avuto esattamente gli stessi diritti (o mancanza di diritti) che hanno avuto i Savoia a fare il contrario.

4. Ciò che successe dopo la conquista sabauda venne chiamato "la piaga del brigantaggio" e risolto dai Savoia (ed in particolare da quel criminale di Cialdini, a cui ancora oggi sono dedicate delle vie) cannoneggiando i villaggi e fucilando i civili. Se i Savoia avessero perso, i "briganti" si sarebbero chiamati "partigiani" e Cialdini sarebbe stato impiccato.

La storia viene sempre scritta da chi vince: qualche volta sarebbe bello leggere un libro di storia scritto da chi ha perso.