venerdì 20 marzo 2009

I sette specchi Esseni


Gli antichi esseni identificarono, forse meglio di chiunque altro, il ruolo dei rapporti umani definendoli in sette categorie: sette misteri corrispondenti ai vari tipi di rapporto che ciascun essere umano avrebbe sperimentato nel corso della propria vita di relazione. Gli esseni hanno definito queste categorie “specchi“, ricordandoci che, in ogni momento della vita, la nostra realtà interiore ci viene rispecchiata dalle azioni, dalle scelte e dal linguaggio di coloro che ci circondano.
Il primo Specchio Esseno riguarda la nostra presenza nel momento presente. Il mistero è incentrato su cosa noi inviamo, nel presente, alle persone che ci stanno accanto. Quando ci troviamo circondati da individui e modelli di comportamento in cui dominano la rabbia o la paura, lo specchio funziona in entrambi i sensi. Potrebbe invece trattarsi di gioia, estasi e felicità perché ciò che vediamo nel primo specchio è l’immagine di quello che noi siamo nel presente. Chi ci è vicino ce lo rimanda, rispecchiandoci.

Il secondo Specchio Esseno ha una qualità simile alla precedente, ma è un po’ più sottile, anziché riflettere ciò che siamo, ci rimanda ciò che noi giudichiamo nel presente. Se siete circondati da persone, i cui modelli di comportamento vi provocano frustrazione o scatenano la vostra rabbia e se percepite che quei modelli non sono vostri in quel momento, allora chiedetevi: “Mi stanno mostrando me stesso nel presente?”. Se potete onestamente rispondervi con un no, c’è una buona probabilità che vi stiano invece mostrando ciò che voi giudicate nel momento presente. La rabbia, l’astio o la gioia che voi state giudicando.

Il terzo Specchio Esseno è uno degli specchi più facili da riconoscere, perché è percepibile ogni volta che ci troviamo alla presenza di un’altra persona, quando la guardiamo negli occhi e, in quel momento, sentiamo che accade qualcosa di magico. Alla presenza di questa persona, che forse non conosciamo nemmeno, sentiamo come una scossa elettrica, la pelle d’oca sulla nuca o sulle braccia. Che cosa è successo in quell’attimo? Attraverso la saggezza del terzo specchio ci viene chiesto di ammettere la possibilità che, nella nostra innocenza, rinunciamo a delle grosse parti di noi stessi per poter sopravvivere alle esperienze della vita. Queste “parti di noi” possono venir perse più o meno consapevolmente, o portate via da coloro che esercitano un potere su di noi. Se vi trovate in presenza di qualcuno e, per qualche motivo inspiegabile, sentite l’esigenza di passare del tempo con lui, ponetevi una domanda: che cos’ha questa persona che io ho perduto, ho ceduto, o mi è stato portato via? La risposta potrebbe sorprendervi molto, perché in realtà riconoscerete questa “sensazione di familiarità” quasi verso chiunque incontriate. Vedrete cioè delle parti di voi stessi in tutti. Questo è il terzo mistero dei rapporti umani.

Il quarto Specchio Esseno è una qualità un po’ diversa. Spesso nel corso degli anni ci accade di adottare dei modelli di comportamento che poi diventano tanto importanti da farci riorganizzare il resto della nostra vita per accoglierli. Sovente tali comportamenti sono compulsivi e creano dipendenza. Il quarto mistero dei rapporti umani ci permette di osservare noi stessi in uno stato di dipendenza e compulsione. Attraverso esse rinunciamo lentamente proprio alle cose cui teniamo di più, le cediamo, le lasciamo. Ad esempio, quando parliamo di dipendenza e compulsione, molte persone pensano all’alcol e alla nicotina. Ma ci sono altri modelli di comportamento più sottili; si pensi all’esercizio di controllo in ambito aziendale e in famiglia, alla dipendenza dal sesso e dal possedere o generare denaro e abbondanza. Quando una persona incarna un simile modello di comportamento, può star certa che il modello, che pur è bello di per sé, si è creato lentamente nel tempo. Se riorganizziamo le nostre vite per far posto al modello dell’alcolismo o all’abuso di sostanze, forse stiamo rinunciando a porzioni della nostra vita rappresentate dalle persone che amiamo, dalla famiglia, dal lavoro, dalla nostra stessa sopravvivenza. Il tratto positivo di questo modello è che può essere riconosciuto ad ogni stadio, senza dover arrivare agli estremi e perdendo tutto. Possiamo riconoscerlo, guarirlo e ritrovare la nostra interezza ad ogni step.

Il quinto Specchio Esseno è forse il più potente in assoluto, perché ci permette di vedere meglio, e con maggiore profondità degli altri, la ragione per cui abbiamo vissuto la nostra vita in un dato modo. Esso rappresenta lo specchio che ci mostra i nostri genitori e l’interazione che intratteniamo con loro. Attraverso esso ci viene chiesto di ammettere la possibilità che le azioni dei nostri genitori verso di noi riflettano le credenze e le aspettative che nutriamo nei confronti del rapporto più sacro che ci sia dato di conoscere sulla Terra: il rapporto che intercorre fra noi, la nostra Madre e il nostro Padre Celeste, vale a dire con l’aspetto maschile e femminile del nostro creatore, in qualunque modo lo concepiamo. La relazione con i nostri genitori può quindi svelarci il nostro rapporto con il divino. Per esempio, se ci sentiamo continuamente giudicati o se viviamo in una condizione per cui “non è mai abbastanza”, è altamente probabile che il rapporto con i nostri genitori rifletta la seguente verità: siamo noi che, grazie alla percezione che abbiamo della nostra persona e del Creatore, crediamo di non essere all’altezza e che forse non abbiamo realizzato quello che da noi ci si aspettava.

Il sesto Specchio Esseno ha un nome abbastanza infausto; gli antichi lo chiamarono infatti l’oscura notte dell’anima. Ma attenzione, lo specchio in sé non è necessariamente sinistro come il nome che porta. Attraverso un’oscura notte dell’anima ci viene infatti ricordato che la vita e la natura tendono verso l’equilibrio e che ci vuole un essere magistrale per bilanciare quell’equilibrio. Nel momento in cui affrontiamo le più grandi sfide della vita, possiamo star certi che esse divengono possibili solo dopo aver accumulato gli strumenti necessari per superarle con grazia e facilità; perché è quello il solo modo per superarle. Fino a che non abbiamo fatto nostri quegli strumenti, non ci troveremo mai nelle situazioni che ci richiedono di dimostrare determinati livelli di abilità. Quindi, da questa prospettiva, le sfide più alte della vita, quelle che ci vengono imposte dai rapporti umani e forse dalla nostra stessa sopravvivenza, possono essere concepite come delle grandi opportunità, che ci consentono di saggiare la nostra abilità, anziché come dei test da superare o fallire. E’ proprio attraverso lo specchio della notte oscura dell’anima che vediamo noi stessi nudi, forse per la prima volta, senza l’emozione, il sentimento ed il pensiero, senza tutte le architetture che ci siamo creati intorno per proteggerci. Attraverso questo specchio possiamo anche provare a noi stessi che il processo vitale è degno di fiducia e che tale fiducia può essere accordata anche a noi, mentre stiamo vivendo la vita. La notte oscura dell’anima rappresenta l’opportunità di perdere tutto ciò che ci è sempre stato caro nella vita. Confrontandoci con la nudità di quel niente, mentre ci arrampichiamo fuori dall’abisso di ciò che abbiamo perso e percepiamo noi stessi in una nuova luce, possiamo però esprimere i nostri più alti livelli di maestria.

Il settimo Specchio Esseno dalla prospettiva degli antichi era il più sottile e, per alcuni versi, anche il più difficile. E’ quello che ci chiede di ammettere la possibilità che ciascuna esperienza di vita, a prescindere dai suoi risultati, è di per sé perfetta e naturale. A parte il fatto che si riesca o meno a raggiungere gli alti traguardi che sono stati stabiliti per noi da altri, siamo invitati a guardare i nostri successi nella vita senza paragonarli a niente. Senza usare riferimenti esterni di nessun genere. Il solo modo in cui riusciamo a vederci sotto la luce del successo o del fallimento è quando misuriamo i nostri risultati facendo uso di un metro esterno. Ma a quel punto sorge la seguente domanda: “A quale modello ci stiamo rifacendo per misurare i nostri risultati? Quale metro usiamo?” Nella prospettiva di questo specchio ci viene chiesto di ammettere la possibilità che ogni aspetto della nostra vita personale - qualsiasi aspetto - sia perfetto così com’è. Dalla forma e peso del nostro corpo, ai risultati personali in ambito accademico, aziendale o sportivo. Ci renderemo conto insieme che, in effetti, questo è vero e che un risultato può essere sottoposto a giudizio solo quando viene paragonato ad un riferimento esterno. Il settimo specchio ci invita quindi a permetterci di essere il solo punto di riferimento per i risultati che raggiungiamo.

venerdì 13 marzo 2009

Venerdì 13… Tanto rumore per nulla?


Venerdì 13 . Quanti europei avranno evitato impegni in nome della scaramanzia?

Non tutti però ne conoscono l’origine. In realtà si tratta della combinazione di due elementi: il giorno in cui fu crocifisso Gesù (un venerdì) e il numero dei commensali dell’ultima cena (tredici). La “congiunzione” delle due superstizioni inizia con la caduta dell'ordine dei Templari il cui arresto avviene il venerdì 13 ottobre del 1307. Nel Ventesimo secolo sono numerose le “conferme” di queste credenze, dal venerdì nero di Wall Street nel ’29 al disastro dell’Apollo 13 (lanciato alle ore 13:13!). Ma in Germania, è solo dal ’57 che un articolo del quotidiano FAZ ironizzava sulla decisione degli Onassis di rimandare il lancio di un grande battello a causa di una data (venerdì 13) poi entrata nell’immaginario collettivo del Paese. La superstizione è arrivata fino alla Polonia: “pechowa trzynastka" riamanda al “cattivo tredici”.

Ma in Italia non è il 13 bensì il 17 a portare sfortuna. Perché?

Nella smorfia napoletana il primo è il numero di un santo (Antonio) e il secondo... della Disgrazia. Inoltre il 13 è il numero delle partite sulla schedina tant’è che “fare tredici” vuol dire avere un colpo di fortuna. Quanto al 17, l’origine della superstizione è romana. In cifre latine, infatti, 17 si scrive XVII, il cui anagramma dà VIXI che vuol dire “io vissi” cioè...A mettere tutti d’accordo ci ha pensato Alitalia che tra le file di posti dei suoi aerei non prevede né il 13 (come molte altre compagnie) né il 17.......

lunedì 9 marzo 2009

Perle di saggezza manageriale

Lavorare a stretto contatto con figure managareiali ha i suoi pregi. Si ha modo di migliorare le proprie capacità professionale attraverso una semplice osservazione partecipante, di ampliare le proprie competenze tecniche e metodiche, di rafforzare la propria dimestichezza in ambito professionale, ma soprattuto, apprendere importanti e fondamentali perle di saggezza:

"A Roma se dice che a certa gente in culo je c'entra, in testa no"
"Gira che te rigira il cetriolo casca sempre in culo all'ortolano"
"Ma passi domani e me offri n caffè? Ah no? Che te possino caricatte!"

......

martedì 3 marzo 2009

MUSICA CURATIVA

Nell'opera il "Flauto magico" vengono divulgati principi musicali e filosofici che rappresentano l'animo umano.Tamino protagonista dell'opera è aiutato dal flauto magico che con le sue tre note cambia d'incanto la realtà,mentre nel mondo imperversa la lotta tra la regina della notte che rapresenta le emozioni notturne lunari, contro Sarastro,sacerdote del tempio del sole(massonico) che rappresenta la luce della ragione.Tamino dovrà scegliere tra l'una e l'altroTamino sceglierà di entrare nel tempio della ragione e lo faranno entrare tre dee simbolo della Trinità filosofica (Trinità filosofica L'autore di questo testo ha scritto un libro che divulgherò a richiesta).

La musica è curativa ma bisogna sapere come funziona il corpo per autocurarlo con la musica.Immaginate il corpo come una chitarra a tre corde e sette tasti,ogni corda una nota es.
la prima corda DO,
la seconda la quarta di do cioè FA
la terza la quinta di do cioè SOL,
ad ogni delle tre corde sui sette tasti corrispondono 7 note in totale 21 note che corrisponde al numero delle lettere dell'alfabeto italiano che è quello con cui è espresso sugli spartiti il linguaggio musicale in tutto il mondo (andante ,veloce ,allegro, piano etc. etc.).
Quando parliamo e cantiamo emettiamo delle note,la teoria è che se riusciamo ad accordarci cioè intonare le nostre note, il nostro corpo si riempie di armonia e questa armonia scioglie i nodi che bloccano il libero fluire dell'energia vitale.Cantando si sciolgono nodi energetici che causano i malesseri e questi nodi sono rilevabili con la risonanza magnetica,cantando le note con le quarte e quinte o suonandole i nodi si sciolgono e la salute torna (canta che ti passa)
Pertanto vi lascio immaginare cosa sarebbe il mondo se fossimo tutti accordati cioè intonati,forse le cose della realtà di tutti i giorni sarebbero tutta un'altra cosa,o forse tuttaunaltramusica ...

lunedì 2 marzo 2009

VIVERE OGNI ISTANTE....

Un monaco chiese al proprio maestro: “Come posso accorgermi che sto per raggiungere l’illuminazione?”
“Ti è appena sfuggita, mentre eri intento a pormi questa domanda”